“Se il contesto è ‘commemorativo’, il saluto a braccio teso non è perseguibile”. Così ha stabilito la Corte di Cassazione in merito a un episodio risalente all’aprile del 2016. Ed è per questo motivo che quattro imputati di quel simbolico episodio non sono stati condannati. Non è la prima volta che la Suprema Corte si esprime secondo questo indirizzo. Una sentenza significativa per analizzare il perimetro dell’apologia di fascismo, tema particolarmente caldo, e sul quale la giurisprudenza traccia, dal suo punto di vista, un confine.
Il saluto fascista, in un contesto ‘commemorativo’, non è reato. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione annullando senza rinvio “perché il fatto non sussiste” la condanna in appello dei quattro imputati nel processo per i fatti del 25 aprile 2016. Riunitisi al campo X del cimitero Maggiore di Milano per commemorare come ogni anno i caduti della Repubblica Sociale Italiana fecero il saluto romano. Fra i 300 presenti quel giorno anche il presidente dell’associazione ‘Lealtà Azione’ Stefano Del Miglio, indagato con altri 3 identificati per l’articolo 2 della legge Mancino.