“Sentiamo sempre avvisi di incursioni aeree e di tanto in tanto sparatorie. È molto inquietante ma al momento, grazie a Dio, la città è relativamente calma. Dormiamo in un rifugio seminterrato, ma durante il giorno siamo qui e possiamo liberamente pregare e lavorare”, “ci sono i pacchi viveri, altri prodotti essenziali e i pasti caldi. Le cantine sotto le chiese sono aperte e sempre a disposizione delle persone per rifugiarsi”. Lo ha raccontato Stanislav Szyrokoradiuk, vescovo cattolico di Odessa, descrivendo la situazione nella città dell’Ucraina meridionale. Per ora è stata risparmiata dalla fase più cruenta della guerra, ma il conflitto segna ogni momento della vita della popolazione, afferma in un videomessaggio inviato ad Aiuto alla Chiesa che Soffre (ACS).
Una delle priorità è assicurarsi che i bambini siano in salvo: “Abbiamo organizzato un luogo a 280 chilometri di distanza che prima era solo per bambini, ma oggi è un luogo per rifugiati. Alcuni piccoli, e giovani famiglie con bambini, vivono lì. Ci prendiamo cura di queste persone”, aggiunge. Nessuno sta entrando a Odessa, nemmeno i profughi dalla Crimea o da altri territori, perché la città non è sicura, molti sono partiti per luoghi più sicuri, nell’ovest dell’Ucraina o nei paesi vicini, ma quelli che rimangono sono uniti. “C’è unità nella città, grande unità tra i credenti, ecumenicamente. La guerra ci ha resi molto uniti, non solo i cattolici, ma anche persone di altre confessioni e culture. Oggi abbiamo una grande unità nella città”, dice il prelato.
“Preghiamo ogni giorno per la pace. Per noi è importante pregare per tutti, ma soprattutto per coloro che sono morti. Ogni giorno celebriamo una Messa con un requiem per tutti i morti”, conclude Szyrokoradiuk. In risposta allo scoppio della guerra in Ucraina, Aiuto alla Chiesa che Soffre ha inviato un pacchetto di aiuti di 1,3 milioni di euro. I fondi sono destinati ai sacerdoti e ai religiosi che lavorano in tutto il Paese nelle parrocchie, con i rifugiati, negli orfanotrofi e nelle case per anziani.