La guerra mette a nudo l’errore degli anni passati sull’energia, e cioè sulla mancanza di diversificazione delle fonti e dei fornitori. Lo afferma Confcommercio facendo riferimento all’impennata delle bollette e all’acuirsi della situazione con il conflitto in Ucraina. “Le vicende di questi giorni – dice Confcommercio – dimostrano l’errore di non aver diversificato le nostre fonti di energia e i nostri fornitori negli ultimi decenni. In Italia, la produzione di gas è stata ridotta da 17 miliardi di metri cubi all’anno nel 2000 a circa 3 miliardi di metri cubi nel 2020 a fronte di un consumo nazionale che è rimasto costante tra i 70 e i 90 miliardi circa di metri cubi”. Secondo Confcommercio “bisogna procedere spediti sul fronte della diversificazione, per superare quanto prima la vulnerabilità del nostro Paese ed evitare il rischio di crisi future”.
Al di là del conflitto tra Russia ed Ucraina, resta confermata “la necessità di interventi in grado di bilanciare adeguatamente l’impatto dei rincari in bolletta e di risolvere strutturalmente i nodi che attanagliano il nostro sistema energetico. Le misure adottate recentemente dal governo vanno nella giusta direzione, ma non sono ancora sufficienti. Serve un Piano d’azione più ampio e strutturale per contenere l’eccessiva dipendenza della provvista energetica del Paese dalle forniture estere, abbattere il peso degli oneri generali di sistema – che hanno un costo stimato di quasi 17 miliardi per il 2022 che ricade su famiglie e imprese – e agire per il riordino della fiscalità energetica: dalla riduzione dal 22% al 10% dell’Iva sui consumi elettrici delle imprese del terziario di mercato – allineandola così a quella attualmente prevista per gli altri settori produttivi e per le famiglie – all’esclusione degli oneri generali di sistema dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto ed alla riduzione delle accise”. Sul fronte del caro carburanti, “vanno bene i primi interventi emergenziali introdotti a sostegno dell’autotrasporto dal recente decreto. E’ necessario, però, agire strutturalmente sul carico fiscale del settore e in prospettiva vanno introdotte alcune modifiche alle proposte europee del pacchetto ‘Fit for 55’, per evitare che i costi della transizione diventino insostenibili per le imprese italiane”.